La città della pace
E così, alla fine abbiamo vinto la guerra. Ma la coalizione occidentale ci ha messo degli anni per prevalere, per sfondare le difese del nemico. Si è sparso troppo sangue, ci sono stati troppi crimini e troppa distruzione. E si è accumulato troppo odio.
Finita la guerra, dunque, certo non finisce la violenza: appena rientrato a casa, il capo della coalizione è stato ammazzato dalla moglie, con la complicità dell’amante che voleva sostituirlo al potere.
E così il figlio, Oreste, per vendicare il padre ha dovuto a sua volta uccidere sua madre (oltre all’amante).
Aspetta un attimo: in che senso, “dovuto”?
Nel senso che c’è una legge morale, in questa epoca, che impone ai figli di vendicare l’uccisione di un genitore; altrimenti sarebbero complici dell’omicida. E in questo senso, Oreste ha rispettato la legge.
C’è però un’altra legge, che proibisce ai figli di uccidere un genitore. E in questo altro senso, Oreste ha invece commesso un crimine imperdonabile.
A questo punto si attivano le Erinni, un branco di mostri giustizialisti, che iniziano a dare la caccia a Oreste con lo scopo di farlo a pezzi. E Oreste scappa di qua, scappa di là, ma le Erinni non lo mollano. Va all’oracolo di Delfi per chiedere un aiuto, e l’oracolo gli dice: vai ad Atene. E intanto le Erinni non lo mollano.
Così Oreste arriva ad Atene, al tempio. E spiega: ma insomma che potevo fare, tanto qui come fai sbagli, non merito mica di essere punito… aiutami Atena, che ho le Erinni qua fuori aspettano solo di sbranarmi!!
Insomma: ci sono due leggi morali, ugualmente fondamentali nell’epoca di Oreste, che entrano in conflitto fra loro: se ascoltiamo una dobbiamo per forza ignorare l’altra. Oreste ha fatto appunto così. E quindi, dobbiamo assolverlo o punirlo?
Atena ascolta tutta la storia, e alla fine dell’Orestea di Sofocle non decide subito di assolvere Oreste.
Non decide neanche di punirlo però.
E nemmeno di cambiare la legge.
Decide invece di creare un nuovo strumento.
Funziona così: quando c’è un conflitto fra due parti, le mettiamo a confronto in una stanza, davanti a un terzo imparziale. A ogni parte verrà garantita la possibilità di portare delle prove e degli argomenti a sostegno della propria richiesta. Dopo averle ascoltate, il terzo prende la decisione che entrambe saranno vincolate a rispettare.
Si chiama tribunale, dice Atena a tutta la città. Fatene buon uso e piantatela di scannarvi tra voi.
E buona domenica.