Psiconani
Il mito dello psiconano risale alla notte dei tempi. In un mondo idilliaco non ancora toccato dalla civiltà, c’erano tre ninfe – le ondine – che giocavano al fiume. A un certo punto vennero viste da un essere brutto, deforme, molto basso di statura, claudicante ma al tempo stesso stranamente agile: un certo Alberich. Questo mostriciattolo si rende subito protagonista del primo episodio di catcalling della Storia: le chiama, gli corre dietro, impazzisce di desiderio per loro. E quelle però non si arrabbiano, anzi. Fingono di stare al gioco, lasciano che il povero Alberich si illuda di poterle abbracciare e poi... sul più bello gli ridono in faccia.
Lui non prende bene la burla. Frustrato, ferito nell’orgoglio, il nano cambia radicalmente il suo atteggiamento: rinnega l’amore e ruba il prezioso oro nascosto nel fiume – che proprio le ondine, evidentemente un po’ troppo distratte, erano incaricate di custodire. In questa storia infatti bisogna scegliere fra l’amore e la ricchezza, e Alberich, una volta sfumato il primo, si converte decisamente alla seconda.
Questo episodio dà inizio dell’Oro del Reno di Wagner – e all’intera saga delL’anello del Nibelungo; e Alberich ricalca evidentemente il (già allora) consolidato stereotipo antisemita. Secondo il quale l’ebreo unisce la deformità fisica, l'ossessione maniacale per il denaro e il rifiuto dell’amore: che è simbolicamente anche il rifiuto della religione basata sull’amore (il Cristianesimo).
Poi lo psiconano ricompare, oltre un secolo dopo, nella canzone Un giudice di Fabrizio De Andrè, quella di “cosa vuol dire avere un metro e mezzo di statura”; e ovviamente l’antisemitismo è sparito (ci mancherebbe altro), ma resta lo stereotipo della persona deforme che, come vendetta per l’amore negato, si converte al maligno e in questo caso diventa una sorta di assassino per conto della legge. Il cantautore infatti mutua la storia dall’autore del testo originario, Edgar Lee Masters- esprimendo con essa una visione anarchica della società, in base a cui lo psiconano è un magistrato che gode nel condannare a morte chiunque, per rivalersi delle sue frustrazioni.
La parola “psiconano” però l’ha coniata Marco Travaglio nel terzo millennio, ed è il modo con cui quotidianamente definiva Berlusconi quando era premier: riuscendo in una sola parola a condensare il supremo disprezzo per chi è basso di statura, per chi ha problemi mentali, e per il proprio nemico politico.
Buona domenica.