La mia storia d'amore con Il Post
Quindi c’è questo giornale online che ormai esiste da più di 10 anni e zitto zitto, senza farsi notare troppo, è riuscito in qualcosa che in Italia ha del miracoloso: fare del giornalismo decente. Nulla di trascendentale, intendiamoci: non strabocca di virtuosi da tastiera, o meglio, qualcuno in grado di stupire ci sarebbe ma loro fanno il contrario. Sembra quasi che vogliano annullare lo stile invece che renderlo riconoscibile, scrivono in modo lineare, chiaro, con una modestia direi quasi francescana. E assieme allo stile, sembra quasi che cerchino di annullare il proprio ego, la propria personale opinione, autolimitarsi, a partire dai titoli che si potrebbero definire “sussurrati” (essendo all’opposto rispetto agli urlatori da clickbait della stampa mainstream dove per stampa intendo ovviamente anche tutto il web). E in un paese dove il 90% dei contenuti che leggiamo è costituito dall’ego di quelli che scrivono, il miracolo è esattamente questo.
Va da sé che sul Post la maggior parte dei contenuti è di seconda mano, è metainformazione, e anche questo per me va benissimo, perché tutto ci manca fuorché le notizie di prima mano: di informazioni originarie quanto inaffidabili siamo pieni, è una indigestione quotidiana, non si potrebbe mai stare dietro a tutta la roba che a ogni minuto intasa la nostra timeline. Quello che manca terribilmente è un “intermediario onesto”, e diciamo che il Post lo fa bene, sai che non scambiano il soggettivo per l’oggettivo, insomma puoi leggere in pace senza dover stare ogni secondo a chiederti se ti stiano fregando; per non dire che negli ultimi mesi è arrivata la rassegna stampa podcast di Francesco Costa a farmi virtualmente e sostanzialmente innamorare: perché lui è un fuoriclasse in questa rarissima e durissima disciplina del non voler fare i fuoriclasse, è l’opposto antipodale del Damilano che ti dice “siediti che adesso ti spiego come va il mondo” (e poi ti imbroda per otto ore). Le sue opinioni le ha anche Costa e le dice tranquillamente, ma almeno lo fa senza manipolare quelle altrui.
Così al culmine dei questo mio innamoramento virtuale e sostanziale per tanta bellezza che tanto gentile e tanto onesta pare, finalmente ho pensato VA BENE AVETE VINTO MI ABBONO. Perché ovviamente al Post ci si può abbonare: i vantaggi rispetto ai non-abbonati sono pochi (leggi senza pubblicità, ti arriva qualche newsletter in più) ma soprattutto da qualche settimana i podcast sono diventati solo per gli abbonati e dunque caro Francesco Costa, eccovi il mio abbonamento e così dopo 10 anni che vi leggo a sbafo ora finalmente mi sono deciso anche io a dare i miei otto euro al mese per sostenere questo grande miracolo francescano.
Beh dopo 10 giorni o forse meno da questo coronamento della mia storia d’amore con Il Post - sì, proprio su questo piccolo miracolo francescano che non ama farsi notare e costruisce la sua credibilità sul mettere dei limiti all’ego di quelli che scrivono – compare una lenzuolata di QUINDICIMILA BATTUTE a firma Michela Murgia.
All’inizio penso quasi che sia uno scherzo ma no, è proprio un pezzo vero, proprio di Michela Murgia. Non siamo su l’Espresso, non siamo su La7, siamo proprio sul Post. Va beh, ora io non voglio offendere i lettori e le lettrici di Michela Murgia, so bene che per molti è un punto di riferimento da presidiare costantemente contro ogni malintenzionato; e anche mio zio, io gli voglio bene a mio zio, una volta mi ha regalato per natale un suo libro: si chiamava “Istruzioni per diventare fascisti”. E che gli vuoi dire. E che devo dire: Michela Murgia è proprio la quintessenza di quel giornalismo narcisista, manipolatorio, moralista, arcitaliano, vittimista e paraculo fatto per il 90% dall’ego della persona che scrive, ma che dico il 90, in questo caso diciamo pure il 99% è IO IO IO IO IO truccato da “pensiero critico”, dove quello che c’è dentro ovviamente non è pensiero critico, è GUARDA COME IO SONO IO INTELLIGENTE E SENSIBILE E INTELLETTUALE SCOMODA ORA IO TI SPIEGO COME ESSERE ANCHE TU PERSONA CRITICA GRAZIE A IO e chi non la pensa come me è brutto. E vi giuro che tutto ciò per cui Michela Murgia è spesso sbertucciata, le opinioni in sé, il femminismo, lo schwa, ecco tutto questo non c’entra, perché in realtà Michela Murgia parla solo di Michela Murgia. Non c’è proprio spazio per qualcos’altro che sfugga alla vanità del suo culto. E anche il lettore laico dovrebbe avere qualche diritto: per esempio quello a non essere torturato con zuppe di legumi come “Cosa ho capito della fragilità con i BTS” in cui si parla per lo 0,5% dei BTS, per lo 0,5% di cultura coreana, e per tutto il resto c’è sobriamente… Michela Murgia che parla di Michela Murgia. Come sempre.
E non credo nemmeno che chi continua a pubblicarla, a ospitarla in televisione, a idolatrarla come opinonista, faccia un buon servizio a una superguru che evidentemente non sta mica tanto bene e dovrebbe ogni tanto ritornare sul pianeta terra. Ecco infatti i commenti dei lettori in estasi (prendo a caso): “Toccante così tanto da insinuarsi nel profondo e creare disagio a me”. “Grazie Michela! Il totale è complesso e a volte difficile, ma lascia comunque un segno preciso”. “Grazie per questo pezzo così ricco, profondo, sottile, da leggere nel suo contenuto e negli spazio che occupa nella mente, una volta finito si leggere”. “Commovente. Ammiro la generosità con cui, invece di giudicare, fornisce istruzioni per l’uso per chi non ha saputo fare la cosa giusta”. Le istruzioni per l’uso. E via adorando, sono tutti così, un popolo di adoratori parareligiosi che mi spaventa quasi come i novax.
Quando si dice il pensiero critico. Quando si dice l’intellettuale scomodo.
Ma ora basta con il pippone: se fossimo su un social qui dovrei fare il contropippone per garantire che non sono d’altra parte d’accordo con i suoi odiatori perché “eh la libertà di informazione, eh però gli attacchi personali, eh ma allora le shitstorm, eh ma allora il fascismo, e allora le destre, e allora lo stato di polizia, e la cultura patriarcale, e il ddl zan, e siamo in una #dittaturamilitare, e basta con il potere del maschio cis, e allora la transfobia, e allora ma dove va a finire la libertà di un intellettuale di esprimere le proprie idee, e ma allora tu non capisci l’importanza che uno scrittore sia libero di aprirsi a noi con tutta la sua interiorità”... va bene va bene, ok, tutto giusto, quella libertà la difenderò fino alla morte (come si dice prima di sbadigliare, dato che se c’è una cosa che non manca a nessuno è la libertà di sparare la propria ogni giorno).
Però l’abbonamento al Post l’ho cancellato: non è mai giusto che l’amore debba imporre certe atroci sofferenze.
Buona domenica