Due uomini si danno la schiena, in piedi su un tappeto a blocchi componibili che copre l’intera palestra. Uno ha sui 25 anni, la maglietta sbrindellata e i pantaloni nepalesi tipo quelli che si comprano in Montagnola. L’altro è più grande, calvo con la barba lunga, somiglia un po’ a Lucio Dalla. Al momento sta strisciando le sue spalle sulla schiena del partner, come se volesse spazzolarla lentamente, o disegnarci qualcosa sopra. Con un’improvvisa accelerazione, il giovane gli scivola di lato e i due si ritrovano fronte contro fronte, ma ancora senza guardarsi, e senza mai smettere di essere in movimento: a tratti appena percettibile, a momenti invece vorticoso come ora che i due si mettono ad avvitarsi l’uno contro l’altro utilizzando le proprie teste come perno; nel frattempo il vecchio cambia gradualmente la sua inclinazione piegando le ginocchia, fino a che si ritrova a quattro zampe con il giovane comodamente seduto sopra la sua schiena, le gambe e le braccia a ciondolare senza fretta. Fra qualche secondo si ritroverà a volteggiare in aria, e ad essere abbracciato al volo dal partner appena prima di cadere a terra. In tutto questo, fino alla fine, i due uomini non sentiranno mai il bisogno di guardarsi negli occhi; anzi, per buona parte della performance li terranno chiusi. E non è detto che questa performance debba essere guardata da qualcuno, infatti, ci sono molte altre coppie in sala a fare la stessa cosa: che è una danza, certamente, ma a vederla ricorda anche un’arte marziale o la capoeira; ed è allo stesso tempo una forma di improvvisazione, una terapia volta a esplorare con il corpo le possibilità della comunicazione nonviolenta; un’attività divertente ma rivolta soprattutto a persone che vogliono lavorare su di sé; e infine, è la pratica alla base di una comunità diffusa più o meno in ogni città del mondo.
Vestitevi comodi - la Contact
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Due uomini si danno la schiena, in piedi su un tappeto a blocchi componibili che copre l’intera palestra. Uno ha sui 25 anni, la maglietta sbrindellata e i pantaloni nepalesi tipo quelli che si comprano in Montagnola. L’altro è più grande, calvo con la barba lunga, somiglia un po’ a Lucio Dalla. Al momento sta strisciando le sue spalle sulla schiena del partner, come se volesse spazzolarla lentamente, o disegnarci qualcosa sopra. Con un’improvvisa accelerazione, il giovane gli scivola di lato e i due si ritrovano fronte contro fronte, ma ancora senza guardarsi, e senza mai smettere di essere in movimento: a tratti appena percettibile, a momenti invece vorticoso come ora che i due si mettono ad avvitarsi l’uno contro l’altro utilizzando le proprie teste come perno; nel frattempo il vecchio cambia gradualmente la sua inclinazione piegando le ginocchia, fino a che si ritrova a quattro zampe con il giovane comodamente seduto sopra la sua schiena, le gambe e le braccia a ciondolare senza fretta. Fra qualche secondo si ritroverà a volteggiare in aria, e ad essere abbracciato al volo dal partner appena prima di cadere a terra. In tutto questo, fino alla fine, i due uomini non sentiranno mai il bisogno di guardarsi negli occhi; anzi, per buona parte della performance li terranno chiusi. E non è detto che questa performance debba essere guardata da qualcuno, infatti, ci sono molte altre coppie in sala a fare la stessa cosa: che è una danza, certamente, ma a vederla ricorda anche un’arte marziale o la capoeira; ed è allo stesso tempo una forma di improvvisazione, una terapia volta a esplorare con il corpo le possibilità della comunicazione nonviolenta; un’attività divertente ma rivolta soprattutto a persone che vogliono lavorare su di sé; e infine, è la pratica alla base di una comunità diffusa più o meno in ogni città del mondo.